Alla scoperta
dei tesori nascosti di Limone

Le Chiese, Le Santelle ed il Centro Missionario Comboniano a Limone sul Garda

Tra i tesori di Limone sul Garda, un posto di rilievo lo occupano le chiese ed il centro missionario comboniano. La storia di Limone si racconta anche grazie ai chiostri e agli affreschi che hanno contribuito alla bellezza di questa piccola cittadina.

La Chiesa di San Pietro

La chiesa di San Pietro, detta anche San Pietro in oliveto (per la sua posizione tra gli olivi), risalente al secolo IX, è la più antica di Limone.

La chiesa è di stile romanico, ad una sola navata. All’interno spiccano la piccola acquasantiera in marmo bianco ed alcuni bellissimi affreschi, venuti alla luce nel 1989 e restaurati nel 2006. La semplicità della chiesetta e l’essenzialità degli affreschi dimostrano quanto la vita della Comunità di un tempo, fosse sollecitata da sentimenti di profonda religiosità. La popolazione mantenne (fino al dopoguerra) la consuetudine di recarvisi per le rogazioni: processioni penitenziali per impetrare il buon esito delle semine e dei raccolti e saltuariamente per scongiurare calamità naturali, malattie ed epidemie. La frequenza delle processioni si ridusse nel corso del tempo, da una volta al mese all’unica data del giorno di San Pietro (29 giugno).

L’aspetto esterno della chiesetta si presenta semplice, con un piccolo portico dove sono ancora leggibili frasi che testimoniano avvenimenti importanti quali la peste del 1630, la sconfitta di Napoleone, le raccolte sterili di oliva e le stagioni inclementi. Fino alla Prima guerra mondiale esisteva un campanile, che fu intenzionalmente abbattuto poiché costituiva un riferimento pericoloso per la vicina postazione del cannone in località Crocette. La chiesetta rappresenta quindi un preziosissimo documento di religione, arte e storia.

L’ex Chiesetta di San Carlo

L’ex chiesetta di S. Carlo, la cui costruzione è stimata attorno al 1905, sorge nel centro storico, nei pressi della chiesa di San Benedetto. Fu edificata da una cittadina limonese in memoria del marito e dedicata a San Carlo. Durante la Grande guerra venne usata anche come deposito di viveri per le truppe; verso il 1930 vennero asportati l’altare e le suppellettili sacre. L’edificio venne in seguito usato per manifestazioni civili e durante la Seconda guerra mondiale fu requisito ad uso militare. Dagli anni Sessanta vi si svolgono attività culturali e benefiche.

Capitello della Madonnina

Sorge in via Milanesa, lungo la strada selciata (anticamente strada del monte) che porta alla località omonima. Il capitello è a forma di arco piatto con tetto. È così chiamato per l’immagine della Madonna che è raffigurata su una colonna. Si nomina la contrada “dela crose seu capitello” già in estimo del 1556, la “contrada della madonnina ossia dei ronchi” in un atto dell’otto novembre 1763.
La Santella, ridotta in pessime condizioni dopo la Seconda guerra mondiale, fu sistemata a spese della famiglia Angelo Codogni, che intese in questo modo soddisfare un voto per l’avvenuto ritorno dei nipoti dalla guerra. L’affresco è del 1982 (precedentemente vi era un quadro); nello stesso anno la struttura muraria è stata sistemata a nuovo e sono stati tolti 2 gradini per consentire il transito più agevole dei veicoli.

Capitello della Milanesa e il ponte di San Giovanni Nepomuceno

È situato nell’omonima località, nei pressi del ponte sul torrente San Giovanni. Secondo testimonianze orali risale al 1912-1913. Vi era apposto un quadretto con l’immagine della madonna col bambino. Nel 1982 venne ristrutturato.

Parallelo al ponte della strada Gardesana sul torrente S. Giovanni, sorge un piccolo ponte antico che, fino alla costruzione della Gardesana era il collegamento da Limone all’oliveto. Un ponte in legno sorgeva fin dai tempi antichi, ma fu nel 1647 che si eseguirono le prime opere murarie. Nel corso degli anni subì danni e distruzioni provocate dalle inondazioni del fiume, ma fu sempre ricostruito.

All’inizio del ponte, sorge un capitello con una bella statua di S. Giovanni Nepomuceno, Sacerdote e Martire datata 1728: protettore dalle alluvioni e degli annegamenti. Giovanni Nepomuceno fu uno dei Santi più celebrati durante il Settecento. Le sculture, poste normalmente accanto a fiumi o specchi d’acqua, ricordavano le modalità con cui il santo venne martirizzato; Giovanni era stato infatti gettato nelle acque della Moldava a Praga su ordine del re Venceslao IV nell’anno 1383. I cronisti dell’epoca, narrano che il Santo, confessore della regina Giovanna di Baviera, aveva irritato il re rifiutando di infrangere il segreto confessionale.

Patrono dell’Esercito imperiale austriaco, grazie alla personale devozione dell’imperatrice, durante il dominio della Casa d’Austria, cui il territorio di Limone sul Garda ne faceva parte, si divulgò nei territori asburgici il culto del Santo già a partire dal 1724 e probabilmente il capitello fu costruito anche per ossequio verso l’imperatrice Maria Teresa.

Canonizzato nel 1729 sotto il pontificato di Benedetto XIII, la venerazione di San Giovanni Nepomuceno è diffusa in vari paesi europei. Per questo motivo alcuni lo propongono come uno dei Santi protettori del continente europeo.

La Chiesa di San Benedetto

Il 18 settembre 1532, con un documento del vescovo di Brescia Francesco Cornelio, si concesse alla Comunità di Limone un sacerdote residente ed il fonte battesimale, presso quella che è ora la Parrocchia di San Benedetto.

Oltre che occuparsi delle chiese e della vita spirituale dei fedeli, la Parrocchia custodisce l’archivio storico della Comunità, poiché fino alla seconda metà dell’Ottocento, il compito di registrare battesimi, matrimoni e decessi era affidato ai parroci. La chiesa parrocchiale è stata costruita nel 1691 da Andrea Pernis, di Como, ampliando una precedente chiesetta romanica, che sembra risalire a prima del secolo XI e che è citata in una bolla di papa Urbano III del 1186. Ancora oggi vi si celebra la Santa Messa. Nell’inverno 2006-07 è stato restaurato il campanile. Vi sono custoditi capolavori artistici a partire dagli inizi del ‘500. Nella chiesa fu battezzato il grande missionario, vescovo, San Daniele Comboni.

In essa sono custoditi numerosi capolavori artistici:

  1. L'altare maggiore (1724) è di Cristoforo Benedetti di Brentonico. La pala (1547) raffigura la deposizione di Gesù; è del veronese Battista d'Angolo detto il Moro. Ai lati, due magnifici dipinti di Andrea Celesti, dell'inizio del Settecento.
  2. L’altare del S. Sacramento (1699) è di Silvestro e fratelli Ogna di Rezzato. La pala che riproduce l'ultima cena è di autore e di epoca ignoti.
  3. L'altare del S. Rosario (1704) è di Cristoforo Benedetti. La pala rappresenta la Madonna col Bambino, i misteri del S. Rosario e i SS. Antonio e Giacomo di Compostela.
  4. L'altare di S. Antonio di Padova (1696) è di marmo intarsiato e stucco levigato. Il quadro (1847) è dedicato a S. Antonio, a S. Francesco e alla S. Famiglia. Il pittore è Antonio Moro di Limone.
  5. L'altare del Crocifisso (1721) è ancora opera di Cristoforo Benedetti; il bel crocifisso barocco è in legno di bosso.
  6. Sull'arco trionfale vi è un bel complesso scultoreo, del Benedetti, che raffigura l'Annunciazione.
  7. L'organo, posto sopra l'ingresso principale, è stato costruito da Damiano Damiani nel 1831.
  8. Il battistero è della fine del Cinquecento: fu voluto da S. Carlo Borromeo che visitò la parrocchia il 10 agosto 1580.

La Chiesa di San Rocco

Situata a nord del centro storico, la chiesa di San Rocco, venne costruita nella prima metà del secolo XVI come ringraziamento dei Limonesi scampati alla contagiosa peste che colpì in quegli anni gran parte del nord Italia. La chiesetta fu rifinita nel corso dei due secoli successivi, affrescando le pareti e completando la costruzione del campanile. Durante la Prima guerra mondiale subì ingenti danni ma fortunatamente, nel 1957, con le opere di restauro, vennero alla luce alcune pitture risalenti al ‘500. Ben inserita nel contesto paesaggistico tra la roccia, il lago e le limonaie, è uno dei luoghi più amati del paese in quanto vi si accede attraverso una caratteristica scalinata sempre adornata di fiori e piante tipiche del Garda, costituendo uno degli scorci più pittoreschi e fotografati. Vi si celebrano ancora oggi funzioni liturgiche, oltre che la festa di San Rocco (16 agosto).

San Daniele Comboni

15 marzo 1831, Daniele nasce a Limone sul Garda, in un’umile famiglia che risiedeva nella casa del custode della limonaia in località Tesöl (curiosità: all’epoca, e fino al 1859, Limone faceva parte dell’impero Austro-Ungarico e Daniele Comboni, quindi, nacque con la nazionalità austriaca).

20 febbraio 1843, (a 12 anni) è accolto nel collegio Mazzaniano fondato dal canonico Nicola Mazza a Verona per ragazzi poveri, ma dotati di ingegno.

6 gennaio 1849, (a 18 anni) giura di consacrarsi all’evangelizzazione dell’Africa, ovvero, della “Nigrizia”, come comunemente era chiamata all’epoca quella zona continentale.

Fino al 1854, (a 23 anni) nel collegio del Mazza studia con profitto le principali lingue europee dell’epoca (francese, tedesco e inglese).

31 dicembre 1854, (a 23 anni) è ordinato sacerdote nel Duomo di Trento dal Vescovo in persona, il Beato De Tschiderer.

6 settembre 1857 (a 26 anni) il suo primo viaggio in Africa; salpa dal porto di Trieste con altri cinque missionari e un laico per realizzare il suo sogno, partecipando alla spedizione missionaria Mazzaniana verso l’Africa Centrale, secondo il “Piano” di Don Nicola Mazza (il suo maestro di collegio). Viaggiare in quel periodo non era semplice in Europa, figurarsi in Africa dove alla mancanza di mappe certe e di moderni mezzi di trasporto si aggiungevano il caldo, le malattie procurate dalle punture d’insetto o dal normale consumo di cibo e d’acqua. Per un europeo era andare incontro a morte certa e si partiva per la missione senza sapere quando o se si tornasse.

Nonostante queste avversità, il gruppo missionario raggiungerà Kathoum nel Sudan l’8 gennaio e risalendo il Nilo bianco giungeranno alla missione presidiata dall’unico superstite di cinque missionari tedeschi. (curiosità: Daniele resta sempre a contatto soprattutto con istituzioni e missionari tedeschi; lui stesso nei suoi itinerari europei o africani, viaggiava sotto la protezione della casa d’Asburgo ovvero dell’Imperatore d’Austria, un visto consolare all’epoca molto importante ed illimitato)

Nel 1859, (a 28 anni) Daniele ritorna a Verona; è l’unico superstite di quel gruppo missionario partito da Trieste tre anni prima; è già ammalato, ma vuole ed ottiene l’incarico per la formazione dei ragazzi africani riscattati dalla schiavitù (all’epoca gli africani erano considerati solo per questo tipo mercato). Sembra incredibile, ma in quella prima missione Daniele riesce a formare dizionari e grammatica delle lingue africane non scritte cui fu a contatto; dei Denka dei Bari dei Cordofan dei Nuba.

15 settembre 1864 (a 33 anni) è un momento determinante della sua vita. Mentre è in preghiera a Roma presso la tomba di San Pietro, ha l’ispirazione del “Piano per la rigenerazione dell’Africa mediante l’Africa stessa”. Riflettendo sulla sua esperienza, era giunto alla conclusione che la missione nella realtà africana, imponeva un cambiamento di metodo. Se il clima micidiale e le condizioni ambientali non consentivano ai missionari europei una penetrazione diretta, era assolutamente necessario preparare gli stessi africani. Stava a significare che la salvezza dell’Africa andava realizzata per mezzo dell’Africa stessa. Una considerazione forte per l’epoca anche per la Chiesa stessa in quanto l’africano non era considerato con la pari dignità degli altri uomini, mentre con quell’intuizione Daniele riconosceva all’Africa, “alla Nigrizia”, la propria capacità di riscattarsi a tutti i livelli; morali, culturali e sociali.

Agosto 1865 (a 34 anni) muore Don Nicola Mazza fondatore dell’Istituto Mazzaniano cui Daniele appartiene. Il successore, visto l’aggravarsi della situazione finanziaria dell’Istituto e per altre difficoltà poste da chi non aveva più fiducia nella missione, chiude definitivamente l’impresa africana. Daniele resta solo.

Nel maggio 1867 (a 36 anni) Daniele apriva a Verona, in un’umile casa, l’Istituto Maschile per le Missioni della Nigrizia (in seguito diventerà Istituto Missionari Comboniani); è un punto di riferimento per quei missionari che vogliono continuare la loro opera. Provengono da quegli istituti che per motivi finanziari non sostenevano più le missioni africane. Verso la fine di quello stesso anno partiva per l’Egitto insieme a tre Padri Camiliani, tre suore francesi e 16 ragazze africane educate in Europa, con l’intento di fondare al Cairo uno dei primi Istituti previsti. Ritorna urgentemente in Europa per raccogliere personalmente uomini e mezzi; pertanto, intraprese diversi viaggi nell’una o nell’altra capitale europea (Francia, Germania, Austria, Inghilterra, Belgio, Svizzera, Russia ed Olanda). Era importante per il suo “Piano” che l’opera missionaria non fosse prerogativa di questo o di quel paese, ma un’opera unica ed europea; l’africa non andava occidentalizzata, ma valorizzata ovvero “Rigenerata” con la propria cultura e le proprie tradizioni.

Nel gennaio 1872 (a 41 anni) fonda l’Istituto delle Pie Madri della Nigrizia il primo istituto femminile missionario della storia, il primo fondato da Daniele. Un Istituto vivamente desiderato e che in seguito sarà fondamentale per l’Opera Comboniana fino ai nostri giorni. Di loro Daniele in una sua lettera scriverà “…Colla medesima facilità con cui insegnano in Europa l’abc all’orfanella derelitta, affrontano nell’Africa centrale viaggi di mesi e mesi sotto 60 gradi, passano deserti sul cammello e montano e dominano il cavallo, dormono a ciel sereno sotto un albero o nell’angolo di un’araba barcaccia, minacciano il beduino armato, rimproverano il vizio all’uomo assistono il soldato all’ospedale, reclamano giustizia dai tribunali turchi, e dai pascià, a favore dell’infelice e dell’oppresso, non temono la iena o il ruggito del leone…”. Il 26 maggio Daniele è nominato provicario apostolico dell’Africa Centrale; tanto era lo spirito missionario in quel periodo che già si contarono i primi collaboratori africani.

Nel maggio 1873 (a 42 anni) fa il suo ingresso in Khartoum e dedica il massimo impegno all’attuazione del suo “Piano”.

Nel 1876 (a 45 anni) Daniele rientra Europa, con la preoccupazione di sistemare i due Istituti Missionari a Verona, rimettendosi a cercare personalmente fondi e uomini.

L’11 luglio 1877 (a 46 anni) è nominato Vicario apostolico dell’Africa Centrale e consacrato vescovo il 12 agosto, con la sede titolare di Claudiopolis (nome latino della città di Cluj in Romania). Ritorna a viaggiare in tutta Europa per promuovere le missioni. Il 3 dicembre parte per l’Africa insieme alle prime cinque Pie Madri del suo Istituto.

Nell’aprile del 1878 (a 47 anni) è a Khartoum, ricevuto con un’accoglienza trionfale; subito deve affrontare un’emergenza carestia e fame come mai si erano viste in Sudan.

Nel 1879 (a 48 anni) è costretto a rientrare in Italia debilitato dalle continue febbri. Dimostrando una tenacia incredibile per la sua missione, coglie l’occasione per sistemare definitivamente i suoi Istituti di Verona.

Nel 1880 (a 49 anni) rientra in Sudan e inizia la visita alle missioni del Vicariato (Khartoum, El-Obeid, Malbes, Dilling), la si spinge all’esplorazione delle montagne Nuba con l’idea di fondare una missione maggiormente all’interno dell’Africa. Daniele ha una forte costituzione fisica, ma, le enormi fatiche fisiche e morali (sono molti i missionari, collaboratori e suore morti improvvisamente per le malattie) e i sacrifici d’ogni genere, lo stavano fatalmente segnando.

Il giorno 5 ottobre 1881 (a 50 anni) è colpito gravemente dalle febbri; il 10 ottobre muore, assistito dalle sue suore e da un missionario canadese presente. Il giorno seguente la salma è tumulata nel giardino della missione.

Durante la rivoluzione mahdista (1881-1898), per motivi religiosi furono uccisi molti missionari distrutte molte missioni; la tomba di Daniele Comboni fu profanata e le ossa disperse. Quando i due primi missionari possono tornare a Khartoum, trovano pochi frammenti di ossa, che vengono raccolte in un’urna posta poi nella chiesa di Assuan (Egitto).

Nel corto del 1900 la lungimiranza di Daniele nell’intuizione “Salvare l’Africa con l’Africa” dà nuovi frutti e vengono fondati due Istituti Comboniani ad indirizzo laico: l’Istituto Secolare Missionarie Comboniane nel 1969 e il Laici Missionari Comboniani 1990.

Il 6 aprile 1995 è riconosciuto il miracolo operato per sua intercessione a favore della ragazza afrobrasiliana Maria José de Oliveira Paixão.

17 marzo 1996 Daniele Comboni è beatificato da Papa Giovanni Paolo II.

Il 20 dicembre 2002 è riconosciuto il secondo miracolo operato per sua intercessione a favore della mamma musulmana sudanese Lubna Abdel Aziz.

5 Ottobre 2003 Daniele Comboni è canonizzato da Papa Giovanni Paolo II.

San Daniele Comboni ed i Missionari Comboniani a Limone sul Garda

Al Centro Comboniano del "Tesöl" si può approfondire quanto concerne la vita di Daniele Comboni e visitare la sua Casa Natale consistente nella semplice cucina, nell'adiacente camera da letto dei genitori, adornata con le lettere loro dirette dal Monsignore, nella soprastante camera da letto dei figli collegata alla cucina da una scala in legno; nella chiesetta, ricavata dalla vecchia legnaia, sotto la casa natale, potrete vedere l'altare in legno d'olivo, il tabernacolo in ferro battuto e le opere lignee dello scultore altoatesino Paolo Mussner (la Sacra Famiglia, il crocifisso, ed il leggìo); nel museo delle Curiosità è brevemente tratteggiata un'idea dei popoli e della cultura africana delle regioni dove operò il Comboni e nel Percorso Multimediale, dedicato alla sua vita ed alle sue opere.

A completamento della visita consigliamo una passeggiata nel caratteristico parco-giardino.

INFO:

Centro Missionari Comboniani
Via Campaldo Loc.Tesöl -25010 Limone sul Garda (BS)
Tel 0365 - 954091, Fax 0365 - 954767
E-Mail: combonianilimone@yahoo.it
sito: www.combonianilimone.it

Le Santelle

A testimonianza della profonda religiosità di un tempo, oltre a chiese e cappelle sono ancora numerosi a Limone gli affreschi, le croci e le edicole di soggetto sacro, comunemente definiti "capitèi". Simboli di fede, di speranza o di riconoscenza, sono posti sulle facciate delle case, ai crocicchi, lungo le stradine che univano il borgo alla campagna (caratteristica in tal senso via Capitelli) e i sentieri che salivano verso la montagna. La popolazione è particolarmente devota ai "capitèi" della "Madonna del bis", in via Capitelli, della Madonnina, in via Milanesa, di San Luigi, alle Fasse, di San Giovanni Nepomuceno, in via Tamas, ad un'estremità del ponticello sul torrente.

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